L’allarme arancione e la moria di pesci (Livorno e la sua tragedia-il rigassificatore a Solvay-la Solvay-le spiagge bianche)

Nell’occhio del ciclone siamo noi, adesso; così pare. A Castiglioncello cade un pino, per il resto si segnala la solita sedentarietà mentale; invece Solvay è stata notevolmente danneggiata dal clima: molti, i pini caduti , molti i danni. Oltre a ciò, ultimamente Solvay ha ricevuto l’interesse di varie testate per la vetusta questione delle spiagge bianche , unita a quella della moria di pesci, che coinvolge Solvay in quanto industria. Infine, aleggia ambiguamente, pericolosamente su questa cittadina la faccenda del rigassificatore. E accanto a noi la bellissima, beloved, rude e zozzonobile Livorno in lutto a causa delle esondazioni.

I – Partiamo proprio da Livorno: è la vicenda di mille lunghezze più grave e gravosa, ma per paradosso ha una spiegazione semplice.

La politica locale regionale e nazionale possono affannarsi a inanellare figure di merda a rotazione, giocandosi la palla sul colore giusto dell’allarme; ma l’allarme arancione viene ormai usato anche se tossisco; e d’altronde, se lo si legge parla anche di pericolo di vita! Quindi? Quindi, come sempre in Italia, tutto è interpretabile, in modo che le colpe possano essere appunto come una palla da giocarsi insieme, perché da una visuale ha ragione l’uno e da una visuale l’altro; il calcio è veramente il nostro gioco preferito! Non c’entra più da molto tempo, il voto: grillini, sinistri, destri, salvinini, tutti giocano a questa forma di calcio imbarazzante e senza dignità. Né RossiNogarinGentiloniGesù in croce hanno parlato del fatto che i tombini a Livorno (come altrove) sono tenuti sporchi da sempre, che delle case sono state costruite dove non doveva accadere, che un rio asfaltato per un tratto è una soluzione da valutare molto ma molto bene; no, hanno parlato di colori dell’allarme.

La verità, dicevo, è tragicamente semplice, invece: nessuno ha posto rimedio a ciò che andava in varie forme rimediato, poiché fin quando fila tutto liscio, sembra quasi di sprecare le risorse, facendolo. Nessuno ha posto rimedio alle speculazioni edilizie partite nella cosiddetta prima repubblica, all’incuria, a ciò che era necessario per questa terra. Ugualmente L’Aquila è stata distrutta NON perché gli esperti hanno sbagliato previsione, ma perché sismicamente non preparata a ciò per cui DOVEVA essere preparata, poiché interessata come sottosuolo a problematiche del genere. Altrimenti sarebbe stata ferita fortissimamente, ma non distrutta. Il problema è a monte, ed è quello che non si affronta mai; si affronta solo la contingenza, che viene fatta affogare nel bicchiere di forma di colpe a valle (“Allarme arancione? Nooo, dovevate dire rosso!”, “Ma l’allarme arancione parla di pericolo di vita!”) invece di quelle a monte: le uniche che potrebbero migliorare le condizioni delle tragedie a venire.

La deresponsabilizzazione è un problema gigantesco: NESSUNO ha detto: “Ok, io sono qui da poco, ma obiettivamente non era all’ordine del giorno pulire i tombini” (che uso come esempio nella sua semplicità, come parte per il tutto). NESSUNO ha detto in regione o a livello ministeriale che uno dei problemi di oggi dell’Italia è riassestare una terra bellissima. Il che, come diceva in tv l’osservatore sociale Castelvecchi ultimamente, porterebbe anche molto e molto lavoro. Non pensiamo solo a Pompei, che è un tesoro preziosissimo ma fatiscente; pensiamo a tutte le zozze Livorno, alle case abusive accanto a “bombe” pronte ad esplodere per via del clima o di un errore umano, ai dissesti lasciati lì a resistere per Divina provvidenza (altro esempio: le simpatiche montagnole di fango che invasero qualche anno fa il messinese).

Vorrei porre qui un esempio virtuoso proprio del nostro comune di Rosignano, a questo proposito. Qualche anno fa non venne fatta la classica mostra estiva al Castello Pasquini. Perché? Boh, in parte mi sfugge. Ma in parte perché quei soldi furono destinati alle scuole di Nibbiaia, sulle quali troneggiava placidamente l’eternit. C’era un’emergenza? No. Ma è EVIDENTE che andava fatto. Sì, c’erano state tragedie sensibilizzanti come quella della scuola in Puglia, d’accordo, ma così si fa; è un piacere poterlo riconoscere. Se avessi un reale pubblico di utenti (!), si saprebbe che spesso sono critico nei confronti del comune; ma non personalisticamente. Perciò è un doppio piacere, per quanto mi riguarda, poterlo scrivere.

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II- Veniamo a Solvay nelle sue varie declinazioni e alla nostra zona.

Più complicato, l’affare, perché inerente a scelte che possono esser fatte o meno. Voglio dire, ho cercato di esprimere finora il fatto che le tragedie come quelle di Livorno dipendono dal non voler affrontare ciò che al di fuori dell’urgenza temporanea andrebbe messo a posto; ciò parifica il lutto di Livorno a quello di tante altre situazioni, pur con diverse proporzioni: Livorno è l’Aquila, Norcia, l’Irpinia, Genova, il Vajont; tutte situazioni che hanno provocato morte e distruzione perché non si era fatto ciò che andava fatto da sempre ma che si rimandava ogni volta a domani. Invece, avere o meno il rigassificatore è una scelta; tagliare i pini o meno è una scelta; rimanere passivi o meno rispetto a un’industria dal notevole impatto ambientale è – solo in parte, ammettiamolo – una scelta. Lo è anche credere o meno alle analisi sui pesci trovati morti! Ma ecco che si riaffaccia la fregatura-dell’allarme-arancione (ovvero, lo specchietto per le allodole su cui ci si impelaga, invece di vedere la situazione con distacco e in modo lungimirante): non bisogna fissarsi su tre pesci morti. Allora:

A) La Solvay, finché c’è, sversa in mare l’ammoniaca; non c’è bisogno di neanche una lisca, per saperlo. Non sono più i tempi del mercurio, e l’indotto è sempre troppo alto per liquidare un’industria del genere. Quel che irrita fortemente semmai – per me – è che l’industria non si industri (ah ah) a far qualcosa per la zona che la ospita. Non mi dite del Teatro Solvay donato al comune, poiché è un prestito di una decina d’anni durante il quale il teatro verrà restaurato (e ne sono felice ugualmente, peraltro). La Solvay aveva un impatto culturale enorme, ma ora pensa non ce ne sia più bisogno; ed ha ragione. Risponde a Bruxelles, mica a due castiglioncellesi, tre vadesi e a otto solvaini! Però potrebbe. Quindi mi irrita per la cafoneria con cui è indifferente al luogo, non perché dovrebbe essere sensibile per legge.

B) Le spiagge bianche sono frutto letterale dell’industria Solvay. “Ormai” ci sono e portano soldi; ma in questo caso ciò che non va – e qui c’entra anche il comune – è l’ambiguità con cui si tratta il tutto. Ci sono divieti formali, e poi d’estate sembra un unico gigantesco campeggio zeppo di gente.

C) Il rigassificatore: verrà fatto? Sì o no? Non si sa. Se accadrà, ci vorrà comunque un bel po’. Il rigassificatore fa paura a chi sa le conseguenze che si trascinerebbe dietro, e ne fa di meno a chi sa che c’è già una Solvay, un altro rigassificatore a Livorno o l’etilene a Vada (S. Gaetano), come a dire: “Guarda, siamo già fino al polpaccio nella palude, non fa differenza se si arriva alla coscia. Anzi, in questo modo il complesso industriale è costretto a salvaguardare e far sì che, a cose costruite, vengano mantenuti i vari parametri”.

Visione d’insieme: come l’allarme rosso o fucsia velano i problemi a monte di Livorno ovvero d’Italia, gli schieramenti pro o contro Solvay, pro o contro rigassificatore, pro o contro analisi sui pesci velano stavolta una scelta a monte: QUI è un luogo. Che ne vogliamo fare? QUI è per il turismo o per l’industria? Finché tutto era un po’ separato (la Guerra Fredda funzionava, nella sua barbarie, anche in questo senso), il problema non si poneva: Castiglioncello-turismo-sì e un po’ più elitario, Vada-turismo-sì e più popolare, le colline stanno lì a guardare e ci mangi il coniglio o il cinghiale d’inverno, e Solvay-turismo-no, perché c’è la Solvay. Ma adesso 1 – Rosignano Solvay rivendica legittimamente di poter essere attrattiva a livello turistico; 2 – si è a un livello di sensibilizzazione ambientale che non permette più alle spiagge bianche di fischiettare facendo finta di niente; 3 – Castiglioncello decade già di suo e in più risente della vicinanza con pericoli percepiti (da alcuni anni Rosignano e Castiglioncello vengono assimilate; prima non venivano mai nominate assieme); tali differenze con l’Epoca finita nei ’90 necessitano di una rilettura del QUI.

Rileggiamo, allora: ci sono due grandi industrie, QUI: una autoctona (il turismo in varie forme); e una che risponde a dettami esteri (la Solvay). Secondo me – battagliando contro il rigassificatore se si crede in quella battaglia, continuando ad abbronzarsi alle spiagge bianche etc – l’UNICA scelta da fare è condurre il nostro QUI a una via per cui l’una industria non deve distruggere l’altra. Difficile, che il turismo distrugga la Solvay! La Solvay e l’industrializzazione progressiva della zona (poiché il rigassificatore è faccenda SEPARATA dall’industria: proprio, non le appartiene, anche se ha a che fare con una ditta all’interno del suo complesso industriale) intaccano realmente la bellezza del luogo? Beh, in alcuni punti, sì. Ma nella prima parte di Rosignano Solvay come a Castiglioncello come alle Gorette il mare è bello; da Castiglioncello verso Chioma, addirittura magnifico (per via degli scogli, è una questione biologica: non facciamo campanilismi, ora!).

Ciò che veramente intaccano però è la PERCEZIONE del turista. Il rigassificatore, IN LINEA DI PRINCIPIO, potrebbe essere sicuro come l’amore di una mammina per il figlio: ma il turista che sa di andare al mare accanto a un rigassificatore, come minimo arriva fino a S. Vincenzo saltando a piè pari il QUI. Al turista, se glielo dicono 10 volte al giorno che le spiagge bianche sono bianche chimicamente, non ci va più, a Vada; e nemmeno a Castiglioncello! Perché 7 km sono un po’ pochi, per far credere a magari reali differenze (nel precedente art. di questo blogghettino presuntuoso c’è una soluzione possibile – coraggiosa quanto uovodicolombosa, una volta accettata l’evidenza – al problema: basterebbe ufficializzare le spiagge bianche come “frutto di tempi andati” della Solvay.  Diventerebbe un’attrazione ibrida fra la vacanza al mare e l’archeologia industriale, e non sarebbe più ambiguo un divieto che è solo formale. E chi ne volesse fruire come mare, ombrelloni etc, lo farebbe più consapevolmente. Tanto funziona comunque, perché è l’unico posto vicino con larghe spiagge, la dog beach e quel bianco che incuriosisce anche lo scettico).

Perciò, per quanto da una parte ci siano dei cittadini e un comune e, dall’altra, una multinazionale (avete presente quelle belle e retoriche storie americane in cui l’avvocato col vestito sdrucito riesce a battere la Philip Morris in tribunale? Guardate che la situazione reale, QUI, è questa, eh!, se si vuole far qualcosa), senza bisogno di andare nei tribunali, sarebbe stipulare un patto solido a lunga decorrenza per cui la filiale di una multinazionale (ma non solo, ripeto: tutto il progresso industriale della zona, peraltro incoerente con la novella ma legittima “voglia ” di Rosignano d’essere anche turistica) e il QUI si mettano d’accordo per far sì che la prima non distrugga l’altra industria di zona – quella fatta di stabilimenti balneari, di spiagge, di pinete, di mare trasparente, iniziative turistiche – sia realmente sia percettivamente.

Non lo so se è possibile; ma l’oggi pretende una scelta A MONTE (proprio come i problemi che creano morti in Italia) e non solo a valle: possono coesistere il progresso industriale e un turismo che punta molto sulla natura? Forse sì, anche se sarebbe meglio di no; ma bisogna pure essere realistici e provare ad agire rispetto a ciò che ci troviamo davanti, quindi ribadisco il mio personalissimo “forse sì”; ma solo a patto di sciogliere tutte le ambiguità che non permettono nemmeno di rivolgere seriamente questa domanda di coabitazione fra industria con ciminiere e industria con pini, gelati e mare: le uniche due che abbiamo; una esportata, l’altra offerta in dono dalla natura e portata avanti da chi mangia attraverso il turismo. Questo sarebbe un argomento; non tre pesci morti. Come non lo è il colore di un allarme.

Lov Livorno siempre, sei per me una magia d’amore, anche se goffo – così è, così sarà. Sei il mare in cui mi tuffo.

 

Spiagge bianche: le più inquinate della GALASSIAAA, feat. basta col ballo in maschera

Pare che anche Darth Vader preferisca fare una doccia  nel tiepidario della Morte Nera, piuttosto che mettere i piedini sulla sabbia delle Spiagge bianche! Protezione solare d’obbligo, questo sì. L’acqua è pessima; beh, lo è anche a Rimini, per dire. Può venire un po’ di prurito? Forse. Ma che venga fuori che siano LE PIU INQUINATE DEL MONDO! L’Italia è sotto scacco un po’ in ogni settore e quindi, alla stessa stregua, nella “classifica” (Reporters sans frontieres) della stampa libera, figura dietro a paesi come il Botswana o il Nicaragua. Ma ci fate il piacere! Mafia, nepotismi, molti giornali di parte, ok, roba grossa; ma se voglio scrivere che Renzi o Berlusconi fanno cacare, non mi arresta nessuno. Poi, anche in tv (Petrolio), si è parlato di queste spiagge. Insomma, è un tema en vogue, nonostante all’ufficio turistico di Castiglioncello (non di Vada), su 20 persone, almeno 4 (è una media alta, fidatevi) chiedano delle UAIT BICHHHCZ.

Già scritto ma lo riscrivo (ahh, l’autoreferenzialità!): la soluzione c’è e potrebbe coniugare la presenza dell’industria e quella del turismo che, da un po’, si vuole legittimamente introdurre a Solvay.

POSTILLA: Si offenderanno i solvaini (operai, ingegneri, DeLorenzini), se un castiglioncellese (snob, puzzone, passatista) dà loro un suggerimento? E che diranno i vadesi (rossi, creatinorganizzati, pop)? Si piccheranno ancora, questi ultimi, perché ho scritto ultimamente che la loro è una piazza adatta a Dj Cioni? O capiranno che si trattava di un discorso GEOGRAFICO e non di classe sociale mutuata in eventi più chic??!! Si può uscire dal trip antico per cui se mi piace la patria non sono necessariamente un neofascista???!!! Si può cavalcare una causa politicamente in modo più genuino (=perché è GIUSTA) e far scorgere un po’ meno che lo si fa per salire di consenso (Movimento 5 stelle)? E se la Fu Sinistra vuol continuare a dettare legge, le dispiacerebbe sfiorare la decenza???!!! Come, al contrario, si può ammettere con gioia, ad esempio, che la mostra su Casaro alla Virgola è una splendida notizia! Ovvero, il problema è non voler/poter uscire dal ballo in maschera: non puoi (non vuoi) essere una persona, che critica  o dice <<che bello>> perché se lo sente, e non per convenienza. Le Spiagge bianche forse non sono il massimo, ma il leccaculismo è molto più dannoso, amici! Eh, ma avete da lavorare, direte, poi mi creano problemi… No, coglioni! Non capite che oggi il coltello (con un po’ di studio, di comprensione l’uno degli altri, di NON populismo) dalla parte del manico ce l’ha il cittadino. E senza evocare forconi da decerebrati.

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Beh, io provo in pochi punti a rispiattellare il “piano” su Rosignano Solvay:

  1. Archelogia industriale: fondamentale. Non deve chiudere la Solvay! Archelogia industriale è anche far vedere in tour organizzati (ci vuole bus apposito), come qualche anno fa accadeva, la fabbrica; quella dove andò in visita Giovanni Paolo II! Basterebbe questo. Una Medjugorje di metallo e ciminiere. Verrebbe anche Brosio!
  2. Arch. ind. in quanto tale. Il progetto città-giardino da far vedere, il Teatro Solvay, i Canottieri: si narri l’organizzazione perfetta – pur se classista, ora possiamo dir così perché è cosa passata – del Novecento; quando, se entravi in un macrocosmo-industria, avevi lo stabilimento balneare, il dopolavoro, le case a modello belga in base al target lavorativo. Tesi di architettura a fiumi, sul tema. Una guida turistica ci farebbe il viottolo, a giro per Solvay.
  3. E veniamo alle fatidiche Spiagge bianche: perché l’ambiguità? C’è un divieto di balneazione ma ci vanno tutti; il comune non si esprime chiaramente in merito; venga detto PALESEMENTE che in passato – quando tutte le fabbriche erano più giocherellone (!) – è scappato qualcosa di troppo e ciò, per paradosso, ha prodotto anche un’attrazione internazionale: i Caraibi chimici. La risultante di un universo (dovrebbe, la Solvay, ovviamente assicurare che non c’è più) che è esistito; così come i Pungenti a Castiglioncello sono arenaria (sabbia che col tempo si solidifica: intervento della Natura nei millenni), le Spiagge bianche siano finalmente presentati come il frutto di un intervento della natura dominante all’interno della Natura: l’uomo. La gente continuerebbe a venire e non ci sarebbe più ambiguità. Le Spiagge bianche è PARTE DELL’INDUSTRIA SOLVAY; SONO ESSE STESSE, AFFASCINANTE ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE DA GODERSI, SIA IN QUANTO TALE, SIA COME SPIAGGIA. Baci, dal vs più intelligente/ganzo degli altri/chi cazzo sei/sei mai stato dietro a un banco?/così fai cattiva pubblicità al TERRITORIO/etc (me le dico da solo: mi avvantaggio!).

Letterina a un castiglioncellese già fin troppo durato (e al Comune, alle attività, anche al cane di Lenin, volendo!)

Nuova versione di una letterina già apparsa sulla comunità virtuale Ranauottolo.

(1) Lamentarsi-perché-sì (ad es. la tenso versava in condizioni pessime da anni: se ci si voleva muovere sul tema bisognava farlo per tempo, IMPIEGANDO il proprio: battaglie politiche, soldi, raccolte firme, petizioni), altrimenti la lagna da bar (con grandissimo rispetto per i bar!) è una delle forme più malinconiche di esistenza.

(2) Prima di sparare sui social qualche sentenza è bene informarsi. La tenso “piccolina” e temporanea per Inequilibrio non vi piaceva? Bene, costava circa 30.000 euro, e solo per qualche giorno. Soluzioni alternative, l’avreste avute, per un festival che – benvoluto o no – richiama i critici delle più importanti testate italiane ed è una realtà riconosciuta a livello nazionale? Rubare per qualche giorno il tendone del circo di Nando Orfei?!

(3) Mescolatevi, amici castiglioncellesi. Siamo quelli “rossi” ma un po’ meno – ci hanno infatti lasciato decadere nonostante Danesin a suo tempo ci abbia “regalato” per anni Micha Van Hoecke e abbia contribuito a creare le basi per Inequilibrio (creatura, comunque, di Paganelli); Castiglioncello, che viveva di luce riflessa più o meno recente non ha più avuto UN PROGETTO TURISTICO omogeneo e lungimirante. Mentre Vada la rossissima ha visto crescere la Mazzanta esponenzialmente. Ok. Parte del problema è però nostro. C’è la claque di Inequilibrio; quelli che non ne vedrebbero uno spettacolo nemmeno sotto tortura; quelli che non cambiano MAI bar, locale, discussione, ristorante. C’è sempre l’impressione che NON CI SIA NIENTE, qui; semmai, c’è troppa proposta! Ma è disordinata: e chi conosce un’area, sa di quell’area; chi ne conosce un’altra, non sa niente dell’area precedente. Siete poco curiosi. SPERIMENTATE, castiglioncellesi del cazzo!

(4) PER LE ATTIVITA. Non voglio nemmeno spiegare perché; lascerò questi punti come ieratici dolmen parlanti, per chi ha orecchie:

A) ABBASSATE I PREZZI. E siate più GENTILI. GENTILI, capito?! CHIAROOOOO?!!!

B) UNITEVI (insieme alle associazioni come la Pro Loco, insieme al CCN così inizia a fare qualcosa, con chi vi pare, fra di voi) per ottenere migliorie reali: DOVRESTE (DOVREMMO) FARE IL VIOTTOLO DALL’ASS. NOCCHI PER UN PIANO SULLA VIABILITA ONESTO, POSSIBILE, CHE RIGUARDI ANCHE IL PROBLEMA DEI PARCHEGGI E FACCIA SI CHE LA PIAZZETTA (una rotatoria con le strisce pedonali sovrapposte le une alle altre!) ASSOMIGLI A UNA PIAZZETTA: PEDONALIZZATA, SEMPRE. COMMERCIANTI DELLA PIAZZETTA, LO CAPITE CHE UN MESE PER METTERE I SAMPIETRINI (ad esempio), INVECE DELL’ASFALTACCIO CHE VI CIRCONDA, VALE COME VENDERE UN MILIONE DI EURO DI CANOTTIERE CON GLI STRASS IN UN GIORNO SOLO???!!!

C) Creiamo TUTTI insieme dei tavoli di lavoro per non sovrapporre gli eventi. Altrimenti Nico del Cardellino dice alla Pro Loco che andiamo contro i suoi giovedì danzanti se la Pro Loco UNA VOLTA L’ANNO osa portare Greg (quello di Lillo & Greg) all’anfiteatro per una splendida serata jazz! A volte c’è, l’impressione che le attività caschino un po’ dall’alto. Ma scrivendo così, cavalco una facile e sterile polemica, quando invece vorrei cercare di essere propositivo. Molte delle attività vocate al passatempo sono peraltro da considerarsi virtuose, non foss’altro perché scelgono di rimanere aperte tutto l’anno. Allora chiedo ai vari Station, Limonaia, Dai Dai, Cardellino, Aria etc etc: perché non proviamo a fare questo benedetto tavolo a fine stagione, diciamo in un lasso di tempo fra ottobre e febbraio, per organizzarci in modo decente e per tempo e nella speranza di avere uno sguardo di insieme e non solo volto alla specifica attività? Cerchiamoci. Gli enti ci sono, i numeri di telefono li abbiamo, siamo in un paesino, ci conosciamo tutti!

D) Ritroviamo insieme il senso del nostro turismo. I dj Cioni vanno bene a Vada, qui non c’è lo spazio adatto. Ma ad esempio, possiamo insieme organizzare un capodanno in cui davvero sia con noi almeno una piccola star: qualcuno che porti gente DA FUORI, che fa dire: IL CAPODANNO LO PASSO A CASTIGLIONCELLO, CI SUONA XXX! Castiglioncello non ha bisogno di investimenti miliardari, magazzini grandi come 3 Ikea: ce ne sono ovunque. Castiglioncello funzionava (Suso Cecchi D’Amico docet) proprio perché alcuni, via via nel tempo, si erano accorti di questa differenza e la rendevano virtuosa. Basti pensare al Ciucheba, che pur essendo un buco fece tendenza a livello nazionale. Bisogna solo tornare a riconoscere in Casti il viso acqua e sapone da ragazza un po’ livornesaccia figlia di pescatori e un po’ snob d’ascendenza fiorentina.

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(4) E ottenere alcune piccole ma fondamentali cose:

1) avere agibile la Torre medicea, dall’incredibile panorama e di prima del 1600.

2) un’apertura DECENTE del museo etrusco, i cui reperti SONO DI Castiglioncello.

3) sapere e far sapere che il Comune per legge può dare contributi per più di 20.000 euro a progetto (così accade con Foodies e il CCN); allora, perché mille altre cose devono passare per farraginosissimi bandi (due lire per un’apertura NON DI SOLO VOLONTARIATO dell’ufficio turistico; il Castiglioncello SUMMERTIME Festival che sta crescendo; il capodanno e le attività natalizie)?

4) avvalorare ciò che già esiste – la Festa del pesce, per dire – invece che esportare format che portano LA STESSA quantità di gente.

5) Organizzare una o due cose attrattive per l’inverno: un piccolo festival per attrarre i giovani, più volto all’indie; dei pacchetti week-end comprensivi di bagno invernale/museo/trekking o simili. Magari, dare un senso (con qualche prestito o convenzione di qualità) per far vedere a chi voglia che è esistita, la Scuola di Castiglioncello macchiaiola. La possibilità c’è, basta che tutte le parti in causa (soprattutto il Comune) non continuino a decidere sulla logica del “la palla è mia e ci gioco io” ma su quella di ciò che, oggettivamente, è MEGLIO per un luogo; e meglio, vuol dire: che gli si confà.

6) DESTAGIONALIZZARE: vi siete accorti che si fa il bagno da maggio a novembre? O volete rimanere ancorati a un clima che non c’è più?! Perché non convenzionarci attraverso fiere (gli hotel, le attività, INSIEME, cazzo!) etc con gli svizzeri, i tedeschi, gli inglesi, gli olandesi, gli scandinavi, CHE NON ASPETTANO ALTRO?! E basterebbe poco per far sì che Castiglioncello divenisse una località da buen retiro (tipo Casale Marittimo per gli abbienti tedeschi o austriaci) anche d’inverno. Corsi che mettono in luce le nostre qualità (pensate a quello sulla maniera nera, esempio fra mille, una tecnica postrinascimentale per imparare l’arte italiana FACENDOLA!). E Il mare d’inverno, infine, è bellissimo. QUI c’è oro che luccica e che non si vuol ripulire, ma c’è PER TUTTO L’ANNO (infatti, se non siamo GEOGRAFICAMENTE adatti a fenomeni di massa – dal suddetto iconico dj set Night con Cioni o chi per lui,  in su – possiamo però “spalmare” virtuosamente il turismo lungo tutto l’anno: noi NON siamo Rimini; NON abbiamo una piazzona; e ricordate che le Spianate, discoteca “in campagna” e che perciò non poteva oltraggiare nessuno, fu chiusa a causa delle lamentele DEL VICINATO?! Cioè, di quelli che abitavano almeno a 200 mt dal luogo!). Ok?!

Baci, Luca. Ciccione as usual, volgare, intelligente, lungimirante.

Un’aria lirica fa primavera – Per Castiglioncello si lavora bene, o male, ma soprattutto in base a una tenzone letale (cioè, senza nessun rhythm)

Scrivo ed ho ancora in testa le note della celebre Barcarola di Offenbach (che sarebbe “quello” del Can can, per intenderci): un brano che ti culla come una mamma fatta di note. Ho goduto di tutto il programma lirico offerto dal Foodies Festival presso La Limonaia oggi 29 aprile, cantato da alcune allieve dell’Istituto Mascagni; erano accompagnate al piano da un maestro di questa bella scuola di cui potersi davvero vantare. E che belle, le ragazze che cantano, che rilasciano ciò che hanno appreso, e che belli i loro abiti fluidi come fluide erano le arie di Tosti o Donizetti. Una di queste, di Cilea, s’intitolava Io son l’umile ancella.

Allora m’è venuto da ridere, perché per quanto non sia importante chi sia io ai fini di questo testo, cado nell’abisso del mio Ego e affermo che di certo so di non essere umile (o così pare); eppure, un po’ mi sento come un’ancello (andrà bene alla Boldrini?!) di questo decadentaffascinante paesello a nome Castiglioncello! Perché? Perché scrivo a volte, come adesso, le mie opinioni, o lancio un’idea, mi batto per qualcosina di qua o qualcosina di là, mi piace spendermi per ottenere un miglioramento. Robe da locals, niente di più, ma che scaturiscono dal desiderio di non accontentarsi delle lamentele; di provare a far fiorire ciò che si reputa bello per questo luogo; di aiutare a migliorare le cose, detto in generale. Ovvio, che non si è oggettivi, per cui il bello-per-me non è per forza il bello-per-te. Lo spirito è comunque questo, e trovo sia una buona cosa: sicuramente, affatica molto ma rende a volte felice il mio cuoricino da buzzicone errante.

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Perciò, da autoattribuito ancello, voglio scrivere che non so, se ci sia stata la promozione giusta, né se il contesto fosse giusto. Non m’interessa soffermarmi su questo, adesso: m’interessa affermare che questo concertino è stato molto, molto dolce, e ha regalato un odore primaverile eccezionale. La lirica – con esecuzioni talvolta un po’ acerbe, ma nel senso positivo: fresche; giovani! – fa primavera. Trovo sia una bellissima idea, offrire questo genere musicale in questa parte della stagione, al di là del format Foodies, che può piacere o non piacere. Altro che la Redbull, che è una cacata austriaca, è questa musica che ti mette le ali!

Eppure, ultimamente ho segnalato che questa neonata vocazione musicale di Foodies è stata partorita col nome sbagliato. E non è una questione di gusti; mi riferisco proprio a un errore oggettivo, perché ritmo, in inglese, si scrive rhythm; mentre gli eventi musicali di Foodies passano sotto il nome di Rithm’& Food (errore doppio, se vogliamo scassare proprio la minchia, perché dopo l’accento ‘, se si vuol fare il verso a rhythm’n’blues, ci va la ‘n’, non la &). Ecco, tutto qui; però, quando ciò è stato segnalato, la risposta arrivata a me e alle altre persone che si erano accorte della svista è stata che si trattava di una scelta voluta; ho avuto delucidazioni in merito anche più precise, ma le lascio perdere. Anche perché per me non ha senso personalizzare: sto cercando di esprimere un concetto, non di additare.

Vero, scoccia che siano stati pagati professionisti (non metto in dubbio la professionalità) e che nella filiera idea/grafica/scelte estetiche/correzione bozze etc non ci sia stato nessuno che abbia alzato la mano per dire: “Oh, ma sicuri sicuri che si scriva rithm?!”. Però può capitare. Non ricordo più con precisione ma qualche anno fa, quando ci fu la mostra su Sybille Geiger al Castello Pasquini, tutte le locandine avevano un errore clamoroso; fate conto che si trattasse di qualcosa come RETROSTEPPIVA invece di RETROSPETTIVA; scritto grosso come una casa, eh! Beh, era una svista. Brutto? Certo. Ma può capitare, ripeto. Perciò, a volte si lavora bene, a volte male, d’accordo, ma non è tanto questo il punto, anche se sarebbe bello si lavorasse sempre col massimo della cura; il punto è che qui si è troppo abituati a ricevere giudizi percependoli come l’occasione per spruzzare un po’ di merda e non come un potenziale aiuto, un suggerimento pulito, senza secondi fini.

Ma giudicare, criticare, dovrebbe avvenire solo con spirito di valutazione: ad esempio, la mia personale critica in merito a un concerto  lirico di arie leggere in questo periodo dell’anno è ultra-super-mega-positivo! Anzi, per quanto mi riguarda, se potenziassero la Festa del Pesce, che ha una storia, e lasciassero perdere Foodies ma “in cambio” trattenessero un pacchetto di eventi a fine aprile che prevede questi concerti, insieme a qualcosa di più accattivante per tutti (perché si sa, funziona così! Molti pensano LIRICA e già sentono arrivar l’orticaria!), sarebbe il massimo. Se, invece, si vuole cadere in piedi per forza e non si ha voglia di affermare che rithm è una svista, la mia personale critica è negativa. il beneficio del dubbio che davvero chi ha imbastito la cosa la volesse così va dato d’ufficio, è ovvio; ma è davvero fragile fragile, sostenere questa tesi. Probabilmente ovunque, le critiche vengono percepite come uno strumento di attacco; ma credo che dalle nostre parti (maledetti toscani diceva – e diceva anche a se stesso – Malaparte, no?!) la percentuale di tale tendenza sia alta, mettiamola così!

Che senso ha? Non si può entrare nel merito? Bisogna limitarsi a fare sempre il solito ballo in maschera in cui ognuno deve sostenere una parte? Una volta (come in questo caso) vuole rimanere in piedi il Comune, invece di dire con leggerezza: “Ok, c’è scappata una parola inglese! Ma mangiamo insieme il panino con la milza” — è il mio preferito, allo stand siculo —  “è buonissimo e ci divertiremo!”. Sarebbe stata una lezione di classe e, ripeto, di leggerezza. Un’altra volta sosterrà la parte un privato, o un’associazione. Il che è anche segno di un darsi importanza incongruo, come se si fosse ingiudicabili, come se si decidessero le sorti del mondo: si tratta di un evento, Jesus Christ (o Crisht)! Io trovo invece che sia bellissimo, se ho fatto la pasta scotta, che me lo si possa dire, e che io lo riconosca: farò meglio domani. E penso che si capisca dal tono, da tante sfumature, quando una critica è strumentale e quando è sincera; basta aver voglia di riconoscerla. Altrimenti è tutta una microlotta fra micropoteri e girini sociali, un calcolo del solito sgualcito algoritmo, una minuscola tenzone, proprio come una canzone cui manca il rhythm (ritmo!).

Secondo le regole non scritte di questo ballo in maschera, avrei dovuto dire che era una schifezza, il concerto di oggi, no?! Invece, dico che era una meraviglia. Mica perché sono ganzo: chiunque potrebbe togliersi la mascherina tristarella e dire semplicemente quel che pensa; di certo al ballo in maschera io preferisco il gioco secondo cui io

son l’umile ancella del Genio creator: Ei m’offre la favella, io la diffondo ai cor!

 

Parcheggiare nel Tempo l’ipotesi del parcheggio – Castiglioncello’s lifestyle

Parcheggio, non parcheggio, this is the problem; parcheggio sì, ma interrato – e sopra un’isola verde da fare invidia all’Amazzonia; parcheggio no!, nemmeno quando le bestemmie dei turisti che parcheggiano a Chioma per farsi un caffè in piazzetta, d’estate, ci raggiungano, così come quelle dei castiglioncellesi, che si vedono spostati i cassonetti in mezzo alle proprie stradine perché i giovincelli che di sabato vogliono l’Astragalo vogliono, altrettanto, parcheggiare non troppo lontano dalla discoteca (accade veramente, non è un’iperbole).

Pochi giorni fa c’è stato l’incontro per presentare l’ipotesi virtuosa di una Castiglioncello biciclettosa, suffragata da un servizio navette (che dovrebbe essere efficiente davvero, non come il Mare Bus, per il quale si sollevano ogni agosto varie lamentele) e da un cambiamento della viabilità con un gioco di sensi unici (perciò, altrettanto efficace dovrebbe essere, per il promontorio, il modello di viabilità; poiché diventerebbe più frequentato automobilisticamente). Chi scrive è d’accordo, sull’ipotesi generale; mi limito a aggiungere solo che si tratterebbe, più che di lavori onerosi, di far entrare nel cervellino della gente una disposizione mentale che non si crea a tavolino. Io sono grasso da migliaia di anni e VERAMENTE pigro; nonostante ciò, cerco di pensare non per le mie chiappe ma per il bene comune (pardon per la retorica): sono dunque disposto ad abbracciare un po’ più di sport, per far sì che il paesiello si trasformi, in prospettiva, in una specie di quasi-unicum pedonale. Il che porterebbe un vantaggio sulle attività commerciali , sul turismo, sull’ecosostenibilità del luogo, sulla fruibilità da paese-d’altri-tempi a dir poco INCREDIBILI. Portovecchio potrebbe essere valorizzata commercialmente, perché non più in preda a un’esistenza sulle “due rive” della via Aurelia, così come Caletta. E nascerebbe una vera piazza, non una rotatoria che noi chiamiamo Piazza della Vittoria (la Vittoria dello scherzetto: la piazza non c’è! Altro che David Copperfield il mago! E ricordo che, a quel punto, dovrebbe essere messa a posto; PLEASE, togliete le strisce pedonali l’una accavallata all’altra in senso inverso, causa di una sovrapposizione artistica comunale ardita). Siccome un’abitudine in vitro è difficile da proporre, mi sembra fondamentale sottolineare che il Comune e chiunque altro avalli in qualsiasi modo questa ipotesi, dovrà FARE LE COSE IN MODO INECCEPIBILE E LUNGIMIRANTE; altrimenti, offrirà il fianco ai tanti detrattori che, sicuramente, scaturirebbero da un cambiamento d’abitudini repentino.

frisco

Ai detrattori vorrei invece dire che a Cecina, quando facevo le superiori, non c’era ancora il piazzone. Quando poi venne fuori l’idea e fu realizzata – togliendo la comodità di passare in macchina da quel tratto – i cecinesi si rivoltarono come si potrebbe rivoltare, adesso, una Castiglioncello che accetti di parcheggiare NON PROPRIO davanti alla scuola dei figli, per venirli a prendere, o con più biciclette in giro (non quelle dei ciclisti che tutti vorremmo arrotare, eh!!!). Ecco: a costoro segnalo che, dopo le prime bizze, dopo qualche mese nessuno se n’è accorto più, che non si poteva più passare da quel tratto, e oggi la piazza di Cecina è una realtà che funziona bene, utilizzata per mercatini, eventi, luogo di conversazione cittadino e quant’altro; ben pochi se ne separerebbero.

E il tema temibile del parcheggio, a inizio pineta, che rientra nel pacchetto di questa ipotesi? Poche ma importanti, credo, osservazioni:

1) l’ho già scritto, ma ci tengo: un utilizzo diverso dell’ex “Stadio dei pini” è comprensibile, MA SOLO A PATTO CHE VADA A BRACCETTO CON UNA SOLUZIONE RISPETTO AL CAMPO DI CALCIO (che non è uno sport così di nicchia, eh!!!).

2) Il parcheggio serve; ma non è necessario cementificare tutta la Costa Etrusca, no?! Ci sono molte idee su come utilizzare il suolo, dal momento che il parcheggio sarebbe interrato. La mia idea è: perché non venire incontro sia all’economia, che alla popolarità (=digeribilità, da parte della gente, di una novità), che a qualcosa che non sia così distante dalla vocazione della pineta? Un PARCO GIOCHI per bambini che unisca ciò che piace adesso ai bambini (modello Cavallino Matto) con ciò che funzionerà sempre, come la rete da rimbalzo; ben fatto e bello da vedere, ordinato, colorato e quindi sminuente il colpo d’occhio “cementoso”; soprattutto, non isola distaccata dal senso intrinseco della pineta, fruito in particolare da famiglie e bambini, ma parte integrante e valorizzazione del suddetto senso. Poi, parliamoci chiaro: d’estate, sarà aperto tutto il tempo, e sono sicuro che la sera non sarebbero solo i bambini, a usufruirne! Basta congegnarlo in modo intelligente, per far sì che raccolga le famiglie tanto quanto i giovani che vogliano ritrovare il fanciullino nascosto in loro da chili di smartphone.

Pensiamo – proviamoci! – a una prospettiva che costa, forse, due passi in più per fare la spesa o il senso unico dell’Aurelia, per ottenere in cambio la maggiore godibilità di un paese, una preventivata fioritura economica (che andrebbe regolata molto, ma molto bene, non lasciata in preda al primo che dicesse Questo fondo lo prendo io!), e la risoluzione di problemi annosi come quello del parcheggio o della piazza.